Moby Dick è il magazine del sabato mattina che mira a mettere a confronto, attorno ai grandi temi di cultura, politica, società, economia, ospiti di sensibilità e opinioni diverse, anche radicalmente contrapposte. Coglie momenti e tematiche di particolare rilievo e le pone al centro di una tavola rotonda per scandagliarne peculiarità e sfumature. Ma consente anche attraverso una particolare scelta editoriale di meglio conoscere le personalità stesse degli interlocutori invitati a dibattere.
Nel mondo occidentale contemporaneo, figlio dell’Illuminismo, prevale perlopiù una società laica in cui il concetto di eresia ha in larga parte perso la sua iniziale connotazione religiosa. Spesso oggi apostrofare un concetto, oppure una teoria, con l’aggettivo eretico significa etichettarlo come una sciocchezza assurda e insostenibile più che dichiararlo fallace e distante dall’ortodossia.
Allo stesso tempo, e per un processo storico in parte parallelo, la parola eresia si è riappropriata della valenza positiva che la sua origine etimologica greca suggerisce. αἵρεσις, airesis era la scelta, la proposta autonoma, libera, slegata dai dogmatismi e dagli schemi imposti da una dottrina rivelata, poco importa se in ambito religioso politico scientifico o altro ancora.
Ma allora nella nostra contemporaneità quale spazio e quale ruolo riveste, se ne riveste uno, l’eresia? La scienza, che taluni ritengono abbia sostituito la religione in un nuovo culto che la vuole infallibile, e soprattutto il metodo scientifico, sono davvero al riparo dal rischio di dogmatismo?
Questi e altri i quesiti su cui si china questa settimana “Moby Dick” insieme ai suoi ospiti: la giornalista e saggista scientifica Agnese Codignola, il professore di etica sociale cristiana Markus Krienke e la filosofa Francesca Rigotti. Con loro andremo in cerca se non di risposte certamente di nuove domande con cui sollecitare le vostre riflessioni.
Dieci anni fa, il 7 gennaio 2015, due affiliati di Al-Qaeda sterminarono la redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, dopo la pubblicazione di alcune vignette su Maometto. In qualche misura fu anche la tragica conseguenza di uno scontro tra culture; infatti l’orientalista Paolo Branca ha mostrato nei suoi libri come la civiltà islamica sia capace di leggerezza e ironia, ma non in ambito religioso. In Occidente l’attentato fu seguito da imponenti manifestazioni a sostegno della libertà di espressione, con lo slogan «Je suis Charlie», ma aprì anche una stagione di profonde trasformazioni per la satira, come spiega il disegnatore Andrea Bozzo. In questi anni sono cambiati gli autori, sono emersi nuovi canali di diffusione (a cominciare dai social), ma soprattutto è cambiata la società; nuove sensibilità all’insegna del politicamente corretto circoscrivono la possibilità di trattare alcuni argomenti, non solo religiosi, secondo Davide Piacenza. La satira contemporanea è dunque alla ricerca di nuove forme espressive, nuovi temi e nuovi limiti (posto che siano possibili) per definire il proprio campo d’azione.
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Dopo esserci fatti sedurre per tutta la settimana dal canto delle sirene nel dossier di Alphaville, continueremo in Moby Dick l’esplorazione del pianeta Oceano, dei suoi mari, di quello che ci sta sopra, della sua storia e di come si questa intreccia con quella umana. Ma anche di tutto quello che ci sta sotto e che ancora non conosciamo: un altro pianeta, misterioso e abissale, popolato di cavallucci marini, delfini, coralli, alla cui sopravvivenza è legata la nostra. Saranno ospiti di Mattia Pelli: Roberta Parodi, biologa, responsabile dei Servizi Educativi dell’Acquario di Genova, già docente del corso di Divulgazione Naturalistica presso l’Università degli Studi di Genova e Alessandro Vanoli, viaggiatore, storico e scrittore, che nel 202 ha pubblicato per Laterza una monumentale “Storia del mare”. Nella seconda parte di Moby Dick sarà con noi Simone Regazzoni, filosofo, che ha provato a rileggere la filosofia alla luce del mito di Okeanos nel suo libro “Oceano. Filosofia del pianeta” (Ponte alle Grazie, 2022). Con lui esploreremo un nuovo modo di concepire il nostro essere umani, inserito nel flusso del divenire dettato dalle Grandi Acque.
Prima emissione 16 novembre 2024
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Sessant’anni fa - nel 1964 - Hannah Arendt pubblicava La banalità del male. Il saggio della filosofa tedesca, nato dal resoconto del processo ad Adolf Eichmann, continua a suscitare riflessioni profonde sul significato della responsabilità individuale e collettiva, soprattutto in un mondo dove il male può ancora manifestarsi nella sua forma più insidiosa: la normalità. Moby Dick prende spunto da quel libro per esplorare non solo l’eredità delle idee della Arendt, ma anche come il concetto di responsabilità si declini nel nostro presente. In un mondo in cui l’adesione passiva a sistemi e ideologie può avere conseguenze devastanti, come possiamo promuovere un pensiero critico capace di opporsi al male, nella sua forma quotidiana e silenziosa?
Ospiti in diretta – al microfono di Lina Simoneschi Finocchiaro - nell’ora centrale del programma, la filosofa Roberta De Monticelli (già professoressa ordinaria di Filosofia della Persona all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano), autrice di testi come Al di qua del bene e del male. Per una teoria dei valori (Einaudi 2015) e Umanità violata. La Palestina e l’Inferno (Laterza 2024).
Laura Boella che è stata professoressa ordinaria di Filosofia Morale e di Etica dell’ambiente presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università Statale di Milano. Ha dedicato numerosi studi e traduzioni a vari pensatori fra cui i Ernst Bloch, volgendosi successivamente al pensiero femminile del ‘900. Ha studiato a fondo e tradotto in italiano Hannah Arendt a cui ha dedicato il libro Hannah Arendt. Un difficile umanesimo (edito da Feltrinelli nel 2020) . Tra le su numerose pubblicazioni citiamo almeno Il coraggio dell’etica. Per una nuova immaginazione morale (Raffaello Cortina 2012) e Empatie L’esperienza empatica nella società del conflitto (Raffaello Cortina 2018).
Accanto a lei, lo storico e saggista Gabriele Nissim, fondatore e presidente di Gariwo, il Giardino dei Giusti, e autore – fra l’altro- di Il bene possibile. Essere giusti nel proprio tempo (Utet 2018) e Auschwitz non finisce mai. La memoria della Shoah e i nuovi genocidi (Rizzoli 2022). Entrambi ci guideranno in una riflessione sulla dignità umana e sull’etica della responsabilità.
Infine, nell’ultima mezz’ora del programma ospiteremo il teologo e saggista Vito Mancuso, che ci parlerà in particolare del dolore innocente che lui stesso definisce «un dolore senza dolo, senza colpa, che non è conseguenza di atti negativi posti dal soggetto, e quindi non dovuto, e quindi ingiusto».
Vito Mancuso – fra le sue numerose pubblicazioni - ha dedicato al tema un libro intitolato proprio Il dolore innocente. L’handicap, la natura e Dio (Garzanti terza edizione 2023). Il saggio affronta il problema dell’handicap rivolgendosi alla filosofia e alla teologia per trovare il senso umano dell’handicap, il messaggio di cui è portatore, analizzando le risposte date dalle grandi religioni mondiali.
Prima emissione: 23 novembre 2024
Già Platone nella “Repubblica” critica la natura caotica della democrazia, auspicando invece un “governo dei migliori”, ovvero dei sapienti. Nel pensiero del filosofo greco l’opinione e il consenso popolare si nutrono di ombre, mentre la competenza sarebbe il vero fondamento della politica, come spiega Franco Trabattoni, storico del pensiero antico.
Il tema ha attraversato tutte le epoche; anche il recente coinvolgimento di Elon Musk nella campagna elettorale e nel futuro governo statunitense pone in forma nuova l’eterna questione della tecnocrazia, ovvero un sistema di governo nel quale molte decisioni importanti sono prese da esperti, tecnici o professionisti piuttosto che da politici eletti. Ai vantaggi corrispondono altrettanti problemi. Infatti anche quando approda a una maggiore efficienza una visione tecnocratica sottopone a continue tensioni le società democratiche, perché toglie spazio al consenso e alla delega, limitando la stessa legittimità della vita pubblica. Con due studiosi di politica, Giorgia Serughetti e Gabriele Segre, cercheremo di trovare un punto d’equilibrio tra queste spinte opposte.
Il termine “selvatico” ci fa pensare istintivamente a spazi incontaminati, animali liberi e al fascino della natura che resiste all’azione umana. In realtà è un concetto dalle molteplici sfaccettature che intreccia cultura, realtà e immaginazione e che può rivelarsi una chiave per riflettere sul rapporto tra l’essere umano e il suo rapporto con il modo. Ma quale spazio ha il selvatico nella nostra vita ? E quanto rappresenta una risorsa, un’idea da riscoprire ?
Nella puntata odierna di Moby Dick vogliamo riflettere sul ruolo del selvatico nella nostra contemporaneità, nei mutamenti ecologici e nel nostro immaginario collettivo.
Ospiti in diretta – al microfono di Lina Simoneschi Finocchiaro - nell’ora centrale del programma, Stefano Bocchi professore ordinario di Agronomia e Coltivazioni all’Università degli Studi di Milano. É presidente del Comitato Scientifico di IIPH (Italian Institute for Planetary Health). Oltre ai numerosi lavori scientifici, citiamo almeno L’ospite imperfetto, L’umanità e la salute del pianeta nell’Agenda 2030 (Carocci) e Zolle. Storie di tuberi graminacee e terre coltivate (Raffaello Cortina)
Marco Aime saggista e professore ordinario di Antropologia culturale all’Università di Genova. Fra i numerosi scritti suoi anche Il lato selvatico del tempo (Ponte alle Grazie) e Confini. Realtà e invenzioni (GruppoAbele), Una bella differenza. Alla scoperta della diversità del mondo (Einaudi).
Ospite dell’ultima mezz’ora del programma Francesca Matteoni con cui vogliamo dare spazio al pensiero anticonformista nel rapporto tra umano, natura e animalità. Francesca Matteoni, è poeta scrittrice. Insegna storia e antropologia presso l’istituto AIFS a Firenze. Tra i suoi libri segnaliamo almeno la raccolta poetica Ciò che il mondo separa (Marcos y Marcos) e Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’epoca moderna (Effequ, 2024). Insieme ad altri volontari ha ideato il festival “Custodi della terra” che si svolge a Pistoia, nella Valle delle Buri.
L’importanza delle risorse idriche, in un periodo complesso e controverso per il pianeta, costituisce un tema prioritario per quasi tutti i governi e le istituzioni che operano sul territorio.
La crisi idrica è una realtà: le inondazioni sono in costante aumento, la siccità attanaglia regioni sempre più vaste, altre sono interessate dall’arrivo di volumi d’acqua impensabili fino a pochi anni fa.
Si afferma con sempre maggiore frequenza che le prossime guerre saranno per l’accesso all’acqua. Una frase che in effetti non trova (e si spera non troverà) riscontro nella realtà. Pace, prosperità e benessere si affermano anche con la condivisione e la corretta gestione delle risorse idriche, anche su territori divisi da confini nazionali o appartenenze amministrative differenti. Quali le norme e le azioni per ridurre i rischi di conflitti? E in che modo la società civile può intervenire per dare all’acqua una prospettiva diversa e prioritaria, ricordando a chi abita sul territorio l’importanza dell’acqua per le comunità che vivono a ridosso di fiumi e mari.
Con Francesca Greco, ricercatrice “Marie Curie” presso l’Università di Bergamo, Maria Tignino, docente presso il Dipartimento di Diritto Internazionale Pubblico, Università di Ginevra, Fabrice Fretz, esperto di questioni idriche presso la DSC, Direzione Sviluppo e cooperazione della Confederazione e Marco Paolini, drammaturgo, regista, attore e scrittore
undefinedNel corso della settimana, Alphaville ci ha fatto scoprire il variegato mondo dei colori e del loro profondo significato simbolico, a partire da un’incursione nell’opera e del pensiero di Michel Pastoureau, medievista che ha da poco pubblicato un nuovo libro, dedicato al rosa. Sabato 30 novembre Moby Dick si allontana dall’eurocentrismo e dall’antropocentrismo di Pastoureau, per riscoprire l’essenza materica del colore. Nella parte centrale della trasmissione, tra le 10.30 e le 11.30 avremo il piacere di conversare con i “custodi” della materia colore e di approfondire il suo valore culturale anche al di fuori dell’Europa con tre ospiti: Francesca Persegati, responsabile del Laboratorio Restauro Dipinti e Materiali Lignei dei Musei Vaticani, Giovanni Cavallo, geologo esperto di archeometria e responsabile del progetto “Forgotten colors” – un progetto di studio dei dipinti murali della Raetia Curiensis (la regione medievale che nell’VIII secolo si estendeva tra Grigioni, Italia e Austria) – e l’egittologa Massimiliana Pozzi, vicedirettrice dello scavo archeologico nella necropoli di Assuan, nel sud-est dell’Egitto. Nella parte conclusiva di Moby Dick, tra le 11.30 e mezzogiorno, approfondiremo invece con il naturalista e fotografo Marco Colombo il colore nel mondo animale, tra percezione e funzioni.
Quale importanza attribuiamo alla Natura? Quale senso le diamo? La interpelliamo, la interroghiamo, ci lasciamo interrogare e interpellare? E in tutto questo filosofeggiare, come l’abbiamo raccontata e come la raccontiamo oggi, la natura? Come si fa?
Prendendo spunto dal nuovo saggio di Paolo Pècere Il senso della natura (Sellerio), in questa puntata di Moby Dick proveremo a raccontare il racconto della natura. Ma non dalla prospettiva naturalistica, bensì da quella letteraria, artistica e educativa. Ci aiuteranno così Angela Borghesi, professoressa di Letteratura italiana nell’Università Bicocca di Milano e autrice del delizioso Fior da fiore. Ritratto di essenze vegetali (Quodlibet), Chiara Gatti, storica e critica dell’arte, direttrice del MAN di Nuoro, museo per il quale ha curato la mostra “Diorama. Generation Earth”, e Pia Giorgetti, studiosa di botanica e zoologia, mediatrice culturale del Museo cantonale ticinese di storia naturale e, fra le altre cose, membro del Gruppo educazione ambientale della Svizzera italiana.
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Dopo la Seconda guerra mondiale l’intera Europa era disseminata di macerie, eredità di bombardamenti e combattimenti. E tutte le guerre successive, nei diversi continenti, hanno lasciato dietro di sé una scia di distruzione. E se ci limitiamo a questi ultimi anni, in Siria la ricostruzione non è davvero iniziata e già si aggiungono sempre nuove macerie in Ucraina e in Palestina.
Il primo passo per uscire da questa tragica situazione, spiega Arianna Arisi Rota, è ristabilire una pace ragionevole, o quanto meno una tregua. E il dopoguerra, nel pensiero di Federico Romero, può anche essere un nuovo inizio, dove si correggono gli errori del passato e proprio sulle macerie si costruisce un mondo nuovo e migliore. In questa fase inevitabilmente gli aspetti tecnici della ricostruzione si legano in modo indissolubile a risvolti psicologici, a speranze e aspettative. Questo fu per esempio il caso di Milano dopo la Seconda guerra mondiale, studiato da Barbara Bracco.
Infine Stefano Ventura si sofferma sulle macerie causate dalla natura e non dall’uomo, per esempio nei caso dei terremoti in Italia, Giappone, Turchia, Indonesia, Haiti e Marocco.
Prima emissione: 21 settembre 2024
Difficile restare indifferenti davanti al diavolo. Siamo affascinati, disillusi, inorriditi. Il diavolo rappresenta il male, anche il male assoluto, ha capacità straordinarie di trasformazione, fino a convincerci che addirittura nemmeno esiste.
In letteratura, al cinema, nella pittura, lo ritroviamo esposto in modi spesso diversi e contraddittori, e incoerenti con la tradizione delle Scritture. Le religioni monoteiste hanno bisogno del male, in contrapposizione al bene, e quindi il diavolo ricopre un ruolo fondamentale, per guidarci nella fede, nella comprensione dei valori morali.
Ed oggi? Ci confrontiamo spesso con atti aberranti, dalle guerre ai genocidi, fino alle prevaricazioni del potere, forme esplicite o subdole di presenza del male, del diavolo. Abbiamo la possibilità di reagire? Di comprendere dove si annidi questa figura grottesca e ammaliante?
Con Fra Alberto Maggi, teologo e biblista, la Prof.ssa Laura Pasquini, docente di storia dell’arte medievale all’Università di Bologna e autrice di Il diavolo, storia iconografica del male (Carocci Editore), Andrea Franchini, giornalista, saggista e autore di Io e Satana, un esorcista risponde e il Prof. Fabio Camilletti, docente di letteratura italiana all’Università britannica Warwick.
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